La saggezza dei corpi

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L’Arcolaio (2015)
– Fuori Collana  (Curata da Fabio Michieli)

con:
Illustrazione di copertina di Francesco Balsamo, prefazione di Sonia Caporossi, postfazione di Christian Tito.

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Dal libro

Le concrezioni e i precipitati del senso nella poesia di Martina Campi (dalla prefazione di Sonia Caporossi)

Sette giorni in ospedale.

Sette giorni di odissea e smarrimento, di caduta a picco nei meandri stordenti della propria identità franta. La stessa durata del viaggio di Dante nei tre Regni. Lo stesso periodo della Genesi.  E in questa sorta di Bildungsroman in forma di poemetto, per certi versi quasi mistico ma anche molto legato al verumfactum delle proprie concrezioni di realtà, si raddensa la dimensione esperienziale messa in versi da Martina Campi. La saggezza dei corpi racconta infatti un viaggio dentro gli “asettici inferni” (Sereni) delle corsie dell’ospedale in cui la poetessa è stata ricoverata per un malore la scorsa estate, episodio di vita vissuta che apre un percorso autobiografico di riconoscimento allo specchio in cui, poeticamente, l’Autrice vuole in qualche modo superare i ristretti confini della propria singolarità per cercare (e trovare) il bandolo della matassa universale periodicamente disperso e ingarbugliato dall’umanità tutta, dibattendosi col tema, proverbialmente carico di difficoltà espressive (e filosofiche), del senso e della perdita di senso.

Per ottenere un tale risultato poetico, e soprattutto per renderlo con quella leggerezza di immagini, ritmi e suoni che è da sempre tipica del suo versificare, Martina Campi rabbercia e rinsalda con i punti di sutura del linguaggio “l’anello che non tiene” (Montale), riallacciando brano a brano, in una definizione unitaria, lo spazio nel tempo e il tempo nello spazio, facendo tornare sinolo ciò che […]


Della dilatazione e della frattura (dalla postfazione, di Christian Tito)

Quando penso ai poeti che ho amato e che amo penso alla loro voce. Quando penso alla loro voce non mi riferisco al suono emesso nell’aria nell’atto del parlare, ma a quel faticoso processo di estrazione della forma unica, irripetibile e dunque riconoscibile della propria singolarità. Con Martina Campi questa prospettiva ha subito nella mia percezione un’integrazione. E’ stato ascoltando la sua voce (e mi riferisco questa volta esattamente alle onde sonore emesse nell’aria dalle vibrazioni delle sue corde vocali) che ho subito una forte fascinazione e un immediato aumento della curiosità verso la sua opera. E’ in quell’aria smossa che ho sentito il suo timbro unico, inconfondibile e, dal mio punto di vista, o meglio, di “ascolto”, profondamente toccante. Sono arrivato alla conclusione (se a una conclusione poi si arriva) che questa poetessa si possa avvertire in tutta la sua essenza non disgiungendo l’oralità dalla scrittura e dunque consiglio vivamente a chi l’apprezza di cercare anche in rete i numerosi frammenti dove è possibile godere di questo completamento.

Non credo sia un caso che questo piccolo poema si chiami “La saggezza dei corpi”. L’autrice in molti passaggi sembra realmente dare voce ai propri arti, ai propri organi. Per intensità e ispirazione alcuni versi sembrano giungere direttamente dalla carne. Martina Campi, pur avendo (anche) una forte componente mistica, onirica e impressionista, ha un timbro che è al contempo […]


Alcuni estratti dal libro:

 

Giorno #4
– abbiamo tanto bisogno di tutto ciò che piangiamo  – *

[…]

II

avremmo forse voluto spalancare (preferendo)
le braccia, tra l’oggi
e il domani di carta carbone
raccontato, necessario, riverso

mescolarci forse alla pioggia
tradurci nella luce
avvicinarci
un poco, di più, almeno

concederci un’adeguata quantità
di sguardi amorevoli
disarmare gli elefanti
credere alle mani

avremmo forse preferito (davvero)
trattenere le armate
sconfinare sorrisi, a tavola
scambiarci il sale e il pane

tracciare scie di lenzuola
sul pavimento
come zattere che (ci) salvano
il mattino

e invece
da vicino
resistiamo
ad aspettarci

III

la Gina cercava il sole
e controllava
come un capitano consumato
i movimenti del vento

ma chi era di passaggio
stava in silenzio e la guardava
con sospetto
chiedeva di sottecchi
conferma ai muri

allora parlavamo tra noi una lingua di sciagurati
come polvere sulla polvere
per far dorare gli avanzi del pomeriggio

[…]

– – – – –

Giorno #7
– Senza azione, la verità non serve a niente  – *

[…]

II

mentre parlavi
mi inondava un pianto verde
come se il cuore non fosse
più il mio

(io e tutte le mie paure)
ce ne torniamo a casa
con la commozione in sommossa
a fissare il panorama che scorre

tutti i piani per ricominciare
i passi della quadriglia
i dialoghi delle sceneggiature
i tappeti rovesciati all’in giù

l’orizzonte basso e lontanissimo
di tanti verdi
diversi che si toccano
e il vento caldo entra dai finestrini

il cuore in gola
l’ascia a deporre
immagini da uno spazio
che s’avvicina

e le domande
che ritornano
e si fanno silenzio
che ci unisce

[…]

– – – – –

*

A. Jodorowsky: I vangeli per guarire

 

 

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